L’elefante nella stanza non è un elefante, ma un cane clonato. Dal 1996, quando è stata clonata la pecora Dolly, la clonazione di animali è diventata una realtà. Oggi questa possibilità si estende a cani, gatti, cavalli e altri animali, con applicazioni in ambito scientifico, di allevamento e per animali da compagnia. Negli Stati Uniti e in Cina, la clonazione è legale anche per animali da compagnia, mentre in Italia è vietata per fini commerciali, sebbene sia possibile acquistarli. La clinica texana ViaGen è una delle più all’avanguardia, con oltre 25 anni di esperienza, e ha clienti anche in Italia.
L’interesse per la clonazione di animali sta crescendo nel nostro Paese. Wallife, una compagnia assicurativa, ha lanciato “Pet Lovers”, una polizza che, oltre alle coperture veterinarie, prevede opzioni in caso di morte o smarrimento dell’animale. Le scelte vanno dall’acquisto di un esemplare identico, a donazioni a rifugi per animali o, infine, alla clonazione dell’animale defunto, con un costo di circa 50.000 dollari per il clone. Da gennaio la polizza sarà disponibile e già 5.000 clienti hanno manifestato interesse per l’opzione clonazione.
Il processo di clonazione è relativamente semplice: si preleva un campione di pelle dal proprio animale e lo si invia alla clinica Gemini Genetics, che conserva il campione fino a quando il proprietario decide di procedere. La procedura prevede il trasferimento del patrimonio genetico in un ovulo di una donatrice, la creazione di un embrione in vitro e il suo impianto in una madre surrogata.
Il primo cane clonato, Snuppy, è nato utilizzando cellule di un levriero afgano e ha richiesto l’impiego di 123 madri surrogate, solo due delle quali sono riuscite a partorire. La scienza ha fatto progressi: secondo ViaGen, oggi il tasso di aborto nelle clonazioni è simile a quello delle gravidanze naturali, e i cuccioli clonati riceveranno controlli da più veterinari prima dell’adozione. Nonostante questi sviluppi, la questione etica legata alla clonazione rimane complessa.