In Russia, un tribunale ha stabilito che Google deve pagare circa 20 decilioni di dollari a emittenti televisive russe per aver bloccato i loro contenuti su YouTube. Un decilione, negli Stati Uniti, è una cifra con 33 zeri, il che rende l’importo praticamente incalcolabile. Per mettere in prospettiva, la Banca Mondiale stima il PIL globale a circa 100 trilioni di dollari, un importo irrisorio rispetto alla multa imposta dal tribunale russo a Google. Pertanto, la cifra che Google dovrebbe pagare supera di gran lunga l’intera ricchezza disponibile sulla Terra.
La decisione del tribunale è giunta al termine di un processo di quattro anni tra Google e alcuni canali russi, chiusi su YouTube dopo l’invasione dell’Ucraina. L’avvocato Ivan Morozov ha comunicato che è stata avviata un’azione legale contro Google ai sensi dell’articolo 13.41 del Codice dei reati amministrativi, riguardo alla rimozione dei canali dalla piattaforma. La sentenza ha ordinato a Google di ripristinare i canali rimossi, oltre a imporre la multa.
Ma come si è giunti a questa cifra astronomica di 20 decilioni? Il tribunale ha stabilito una multa di 100.000 rubli (circa 1.025 dollari) per ogni giorno di chiusura dei canali, con un raddoppio dell’importo per ogni settimana di blocco. Questo sistema di calcolo ha portato a un aumento esponenziale della cifra finale, grazie anche agli interessi accumulati nel corso del tempo. Google non ha commentato la questione, ma è chiaro che l’azienda non pagherà mai un importo simile. La situazione rimane quindi paradossale e solleva interrogativi sulla fattibilità di tali decisioni giuridiche.
In sintesi, la controversia evidenzia un episodio singolare nelle relazioni tra grandi piattaforme tecnologiche e i sistemi legali di paesi con normative molto diverse da quelle occidentali. La cifra esorbitante rappresenta non solo una sfida per Google, ma anche un simbolo delle tensioni politiche e legali in corso in questo contesto globale. Gli sviluppi futuri di questa situazione potrebbero avere implicazioni significative sul funzionamento di YouTube e sulla libertà di espressione in Russia.