La donna di 39 anni, di origine moldava, non si era suicidata, come inizialmente sembrava, ma era stata uccisa il 1º agosto in bagno nella sua casa di Abano Terme, nel Padovano. È stato chiesto il rinvio a giudizio per l’ex marito, 42enne, che all’alba aveva allertato il soccorso sanitario segnalando che la ex coniuge, con la quale era ancora convivente, era chiusa nel bagno e non rispondeva. Il personale del 118, che nel frattempo aveva allertato anche la Centrale Operativa dei Carabinieri, era arrivato in loco insieme ai militari; era stato necessario sfondare la porta del bagno, chiusa dall’interno con un chiavistello, e una volta entrati, i soccorritori avevano trovato il corpo della donna, rannicchiata nel box doccia ormai esanime, con una cintura stretta al collo.
Inizialmente il decesso era sembrato il frutto di un insano gesto posto in essere anche in conseguenza del periodo difficile che la donna stava vivendo a causa della fine della relazione coniugale dalla quale erano nate due bambine: in tal senso andavano le dichiarazioni dell’ex coniuge. Le informazioni raccolte fra familiari e conoscenti della 39enne, che non riuscivano a spiegarsi il tragico gesto, hanno però indotto gli inquirenti ad approfondire le indagini venendo a conoscenza di un quadro di tensioni familiari.
La svolta decisiva è arrivata solo a seguito delle analisi tecniche condotte sul telefono cellulare della vittima che, nel corso del sopralluogo, era stato sottoposto a sequestro. Nella notte fra il 1 e 2 agosto la donna aveva tenuto acceso il registratore del suo cellulare captando tutte le fasi del suo omicidio e della conseguente messinscena del suicidio da parte dell’ex marito che, dopo una furiosa lite originata dalla sua gelosia, aveva approfittato del fatto che la donna si fosse assopita a letto e, sorprendendola nel sonno, l’aveva strangolata con una cintura per poi trascinarne il corpo nel bagno e inscenare il suicidio. Accertamenti successivi nell’abitazione hanno poi permesso di scoprire che, con la necessaria perizia, era possibile rimuovere e riposizionare il pannello centrale della porta del bagno, circostanza che avrebbe quindi potuto consentire di uscire dal locale nonostante la porta fosse chiusa dall’interno.
In esecuzione del provvedimento cautelare, il presunto responsabile del reato, aggravato dalle circostanze di minorata difesa della vittima e dalla relazione coniugale, anche se cessata, è stato tratto in arresto e associato alla Casa Circondariale di Padova, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. A conclusione delle indagini preliminari, nel mese di luglio, la Procura della Repubblica ha richiesto il rinvio a giudizio dell’indagato, tuttora in carcere; il 17 settembre presso il tribunale di Padova si aprirà l’udienza preliminare.