Intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera, Gigi Buffon ha affrontato diverse tematiche, tra cui le polemiche riguardo al numero di maglia 88. Buffon ha dichiarato di non aver mai pensato che il suo numero potesse evocare Heil Hitler, spiegando che per lui rappresentava semplicemente avere “quattro palle”. Rispondendo a Cazzullo su come si qualificasse politicamente, Buffon ha affermato di non essere fascista né razzista. Ha raccontato la sua scelta di chiamare il primogenito Louis Thomas, in onore del portiere camerunese Thomas N’kono, il quale ha avuto un grande influsso sulla sua infanzia. Buffon ha anche condiviso di essere stato l’unico europeo a partecipare all’addio al calcio di N’kono, un’esperienza che considera indimenticabile.
Sui social e nei giornali, Buffon ha sottolineato il loro ruolo significativo nel calcio e ha espresso il suo rispetto per i giornalisti, sebbene non abbia mai cercato la loro complicità. Si è definito un “anarchico conservatore”, un’identità che riflette la sua origine da Carrara, città storicamente legata all’anarchismo. Ha espresso una forte convinzione nella libertà, pur ammettendo di aver dovuto pagare un prezzo per questa convinzione.
Parlando della sua esperienza come portiere, Buffon ha descritto la natura masochistica della professione, ricollegandosi ai campi abrasivi della sua gioventù e ai segni che portano i portieri, come le mani ferite e i fianchi dolenti. Ha parlato anche del suo procuratore Silvano Martina, scelto per la sua esperienza da portiere e le mani piene di cicatrici.
Infine, Buffon ha rivelato la sua battaglia contro la depressione all’inizio del 2004, periodo difficile dopo due scudetti consecutivi, che lo ha portato a una fase di vuoto e ansia. Ha spiegato di aver rifiutato i farmaci per paura di diventarne dipendente, e il suo percorso terapeutico è stato limitato a poche sedute con uno psicoterapeuta che gli ha consigliato di coltivare interessi al di fuori del calcio. Questo consiglio si è rivelato cruciale per affrontare la sua crisi.
