Comprendere se il cervello dei cani e dei loro padroni si sincronizzino durante le interazioni è l’obiettivo di uno studio condotto dall’Università di Cambridge, che ha coinvolto circa 40 cani di varie razze. I ricercatori affermano che una tale sincronizzazione indicherebbe che tanto i proprietari quanto i loro animali domestici prestano attenzione agli stessi stimoli e interpretano le situazioni in modo simile, suggerendo un legame empatico profondo.
La motivazione per lo studio è emersa da esperimenti precedenti che dimostravano una sincronizzazione tra madri e bambini; Valdas Noreika, ricercatore della Queen Mary University di Londra, ha riscontrato molte somiglianze nel modo in cui i proprietari comunicano con i loro cani, modulando il linguaggio come farebbero i genitori. Secondo Noreika, questa affinità potrebbe spiegare perché gli esseri umani sviluppano forti legami affettivi con i cani, essendo queste interazioni influenzate da funzioni cognitive preesistenti relative alla cura e all’affetto per esseri più vulnerabili.
Indizi storici suggeriscono un legame tra umani e cani fin da tempi antichi. Resti di un cucciolo risalenti a 14.000 anni fa, trovati in Germania, indicano che gli uomini si prendevano cura di questi animali, anche in assenza di un’utilità pratica. Tuttavia, alcuni esperti avvertono di non attribuire motivazioni umane alle azioni degli animali, suggerendo prudenza nell’interpretazione di queste relazioni.
Lo studio utilizza l’elettroencefalogramma (EEG), una tecnica non invasiva, per registrare l’attività cerebrale sia dei cani che dei loro proprietari, attraverso cappucci speciali muniti di elettrodi. Il protocollo prevede che, durante l’esperimento, i proprietari vengano guidati a spostare la loro attenzione tra l’interazione con il cane e altre attività, mentre i segnali EEG vengono monitorati per rilevare eventuali sincronizzazioni delle onde cerebrali.
Le registrazioni video permetteranno al team di osservare le correlazioni tra attività cerebrale e comportamenti, fornendo informazioni su chi guida l’attenzione nell’interazione. I risultati potrebbero avere applicazioni pratiche, come la selezione di individui adatti per la terapia assistita da animali, contribuendo a comprendere meglio l’importanza del legame uomo-cane.