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La banda dei dossier: l’agente straordinario e l’hacker ex Anonymus

Allarme per il furto di dati, l’inchiesta si espande. La cosiddetta “banda dei dossier” avrebbe acquisito informazioni riservate per rivenderle a scopi imprenditoriali o politici, con un bottino di 800 mila documenti e affari superiori ai 3 milioni. Si sospetta che ci siano stati appoggi da clan mafiosi e servizi segreti stranieri, e anche i vertici dello Stato sono stati spiati. La banda delle informazioni ha al suo interno menti strategiche, identificate dalla Procura nazionale antimafia guidata da Giovanni Melillo, che ha definito questi individui “pericolosi per la democrazia”.

Le indagini hanno svelato che i principali membri della banda sono un ex poliziotto e un informatico. Questi individui, ritenuti insospettabili, avrebbero rubato documenti classificati e li avrebbero venduti anche all’estero. Gli investigatori hanno intercettato conversazioni in cui i presunti spioni affermavano di poter “sputtanare tutta l’Italia” grazie alle informazioni ottenute. La mole di file rubati veniva conservata in scatoloni e nascosta in garage.

Il poliziotto, che ha 65 anni ed è stato attivo in operazioni contro la ‘ndrangheta, è stato posto ai domiciliari per aver pianificato attività illecite e delineato le strategie operative del gruppo di hacker. Egli è anche amministratore di Equalize, un’agenzia di investigazione privata legata a un altro indagato, Enrico Pazzali, presidente della Fiera di Milano. L’informatico arrestato, 44 anni, è associato al gruppo di hacker “Anonymous”, un movimento noto per la pubblicazione anonima di contenuti su internet.

Il generale Umberto Rapetto della Guardia di Finanza ha sottolineato l’importanza del furto di dati, definendoli il “nuovo oro nero”. Ha evidenziato che il contrabbando di informazioni è talmente redditizio che le organizzazioni criminali riescono a influenzare chi gestisce questi dati, orientando illecitamente le opportunità di lavoro a favore di terzi. Questa situazione dimostra la vulnerabilità del sistema attuale e la necessità di adottare misure più efficaci per tutelare la sicurezza dei dati. L’inchiesta di Milano mette in evidenza queste fragilità e l’urgenza di interventi correttivi.

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