Gino Cecchettin ha espresso indignazione su Facebook dopo l’udienza del processo per omicidio contro Filippo Turetta, ex fidanzato di sua figlia Giulia. Cecchettin ha descritto la sua esperienza di essere nuovamente offeso e ha lamentato l’umiliazione della memoria di Giulia. Ha sottolineato che, sebbene la difesa di un imputato sia un diritto fondamentale, è importante rispettare limiti di buon senso e umanità. Secondo lui, superare tali limiti può aumentare il dolore dei familiari della vittima e suscitare indignazione nel pubblico.
Durante l’udienza, il pm Andrea Petroni ha chiesto l’ergastolo per Turetta, accusandolo di omicidio premeditato. L’avvocato difensore Giovanni Caruso ha contestato questa richiesta, affermando che sembrava una condanna già predisposta. Caruso ha evidenziato che l’ergastolo è considerato una pena inumana e degradante, e che le sanzioni devono mirare alla rieducazione del condannato.
Il difensore ha sostenuto che non c’era premeditazione da parte di Turetta, definendolo insicuro e incapace di pianificare azioni complesse, in contrasto con l’immagine di un criminale ben organizzato. Ha argomentato che la lista di prova trovata dagli inquirenti non dimostrava premeditazione, ma piuttosto un tentativo di rapire Giulia per convincerla a riprendere la relazione. Caruso ha anche contestato l’aggravante della crudeltà, affermando che, sebbene si trattasse di un omicidio efferato, l’aggravante non fosse applicabile, poiché la crudeltà non dipenderebbe dal numero di colpi inferti.
In sintesi, Cecchettin ha denunciato la brutalità delle affermazioni della difesa e la difesa di Turetta ha cercato di minimizzare la responsabilità del suo cliente, indicando l’assenza di premeditazione e contestando la gravità delle accuse. Il dibattito in aula si è concentrato sul delicato equilibrio tra i diritti dell’imputato e il rispetto per la vita e la memoria della vittima.