La Sardegna è la prima regione a stabilire una normativa organica per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Oggi, il Consiglio regionale ha approvato, con 35 voti favorevoli e 14 contrari, un disegno di legge che determina le aree idonee e non idonee all’installazione di tali impianti. Questa legge, proposta dalla Giunta, indica che il 98% del territorio sardo sarà considerato non idoneo. L’iter legislativo è iniziato il 12 novembre e ha visto un lungo dibattito tra maggioranza e opposizione, con quest’ultima che ha tentato di ostacolare l’approvazione del ddl e ha richiesto che fosse discusso il progetto di legge d’iniziativa popolare “Pratobello 24”.
La nuova legge prevede un investimento di circa 700 milioni di euro fino al 2030 per le comunità energetiche, impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo di energia per autoconsumo, con incentivi diversi per cittadini, Comuni e enti regionali. Tutti gli impianti, nuovi o in fase di autorizzazione, potranno realizzarsi solo nelle aree idonee. La presidente della Regione, Alessandra Todde, ha sottolineato l’importanza di questa legge per una strategia energetica regionale.
Intanto, fuori dal Consiglio regionale, si è svolto un flash mob di protesta contro il governo regionale, accusato di non aver discusso la legge d’iniziativa popolare e di non rispettare la democrazia. Gli attivisti hanno esposto cartelli e pupazzi per manifestare il loro dissenso.
Il disegno di legge approvato definisce anche le tipologie di impianti, con l’obiettivo di raggiungere la transizione energetica e garantire la tutela del paesaggio. Inoltre, sarà istituito un fondo di rotazione che prevede incentivi per la produzione di energia rinnovabile per autoconsumo, e particolare attenzione sarà dedicata alle comunità energetiche.
I Comuni potranno richiedere deroghe per installare impianti anche in aree non idonee, previo accordo con la Regione e un processo di consultazione pubblica. Infine, si prevede l’istituzione di un’Agenzia regionale per l’energia e l’abrogazione della legge “moratoria” che aveva sospeso per 18 mesi nuove installazioni di impianti rinnovabili, in attesa di un pronunciamento della Corte costituzionale.