La violenza influisce profondamente sul DNA delle donne che la subiscono, causando modifiche epigenetiche che possono avere effetti duraturi. Per comprendere l’entità di queste alterazioni e la loro durata, è stato avviato il progetto multicentrico epi_we (Epigenetics for Women). Questo studio chiede la partecipazione delle donne attraverso la donazione di campioni biologici. Rocco Bellantone, presidente dell’Iss, sottolinea che la violenza contro le donne è un problema di salute pubblica globale che colpisce tutte le classi sociali e le etnie, influenzando negativamente la salute femminile. È fondamentale la cooperazione multidisciplinare per affrontare la violenza di genere.
Lo studio pilota epi_we, pubblicato nel 2023, ha dimostrato che la violenza può alterare l’espressione dei geni senza modificarne la struttura. Simona Gaudi, coordinatrice del progetto, spiega che i risultati preliminari, ottenuti analizzando 10 geni, hanno motivato lo sviluppo dello studio multicentrico, avviato grazie alla collaborazione tra il ministero della salute e l’Iss. L’obiettivo è studiare le modifiche all’interno del genoma delle donne vittime di violenza e la loro persistenza nel tempo.
La nuova fase dello studio, che dura almeno 18 mesi, si svolge in cinque Regioni italiane: Lazio, Lombardia, Campania, Puglia e Liguria. Le donne che vivono in queste aree e sono vittime di violenza possono partecipare donando un campione di sangue, dopo aver compilato un questionario. Saranno monitorate con ulteriori prelievi nei sei mesi successivi per valutare possibili variazioni epigenomiche. I campioni raccolti saranno accompagnati da dati sul benessere psicofisico delle partecipanti, soprattutto riguardo alle patologie legate allo stress.
Gaudi evidenzia che la violenza e il trauma psicologico possono alterare il genoma in modi che non si manifestano immediatamente. I risultati preliminari dello studio pilota, che ha coinvolto 62 donne, hanno focalizzato l’attenzione sul disturbo da stress post-traumatico, mostrando la necessità di ulteriori indagini. Parte del progetto mira a comprendere la relazione tra la violenza subita e l’insorgenza di malattie non trasmissibili, con l’obiettivo di prevedere una maggiore suscettibilità a patologie come tumori, malattie cardiovascolari e malattie autoimmuni, anche a distanza di 10-20 anni.