Negli ultimi tempi, il Consiglio direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati ha osservato un aumento degli attacchi da parte della politica contro le decisioni dei magistrati italiani. Tali critiche non riguardano il merito tecnico-giuridico delle sentenze, ma sono motivate da disappunto rispetto all’indirizzo politico della maggioranza governativa. Viene accusato un presunto orientamento politico delle decisioni, insinuando che i magistrati siano più motivati da interessi politici piuttosto che dalla loro funzione di giudici. Questo attacco è visto come un tentativo di delegittimare la magistratura e di preparare riforme che ne minerebbero l’autonomia, sottraendo agli organi giurisdizionali il controllo di legalità previsto dalla Costituzione.
Nel documento, si afferma che i magistrati hanno diritto di esprimere liberamente il loro pensiero, anche nel dibattito pubblico, sempre con senso di responsabilità. Tuttavia, si segnala che l’accusa infondata di un uso strumentale delle decisioni giudiziarie è grave e minaccia i diritti dei singoli magistrati e l’integrità dell’intero sistema giurisdizionale. Inoltre, il documento condanna la ricostruzione indebita della vita privata dei magistrati, che ha portato a un linciaggio mediatico, danneggiando la loro capacità di decidere senza pregiudizi.
La Lega ha risposto ai rilievi dell’Anm, affermando che la magistratura stessa si squalifica attraverso decisioni di grande impatto, come il blocco delle espulsioni di immigrati clandestini e la liberazione di spacciatori. In merito alla recente modifica normativa sulle procedure per la protezione internazionale, l’Anm ha espresso preoccupazione riguardo all’impatto che tali cambiamenti potrebbero avere sull’efficienza degli uffici giudiziari e sull’equilibrio delle Corti di appello.
Una particolare modifica proposta prevede di reintrodurre il reclamo in Corte di appello contro i provvedimenti dei Tribunali distrettuali, che i magistrati ritengono possa compromettere l’efficienza e l’organizzazione delle Corti stesse, allungando i tempi di accertamento dello status degli immigrati e creando un carico di lavoro insostenibile. Il Comitato direttivo centrale invita quindi il Ministro della Giustizia a intervenire per evitare questi rischi e garantire l’autonomia della magistratura.