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giovedì, 5 Dicembre, 2024
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L’Artico a Rischio: Possibile Assenza di Ghiaccio nel 2027

Un nuovo studio internazionale ha rivelato che l’Artico potrebbe restare senza ghiaccio marino già nel 2027. Il team di ricerca, guidato dalla climatologa Alexandra Jahn dell’Università del Colorado e da Ce’line Heuze’ dell’università di Goteborg, ha pubblicato i risultati su Nature Communications dopo aver condotto oltre 300 simulazioni al computer. La previsione riguarda la prima estate in cui non ci sarà ghiaccio marino nell’Artico, evidenziando una scomparsa del ghiaccio a una velocità senza precedenti, pari a oltre il 12% ogni decennio, in gran parte a causa delle crescenti emissioni di gas serra. Quest’anno, il National Snow and Ice Data Centre ha riferito che il livello minimo di ghiaccio marino dell’Artico è stato tra i più bassi mai registrati dal 1978.

Alexandra Jahn ha sottolineato che la mancanza di ghiaccio non porterà a un cambiamento radicale immediato, ma rappresenterebbe una modifica sostanziale di una caratteristica fondamentale dell’ecosistema artico. Lo scioglimento del ghiaccio è un chiaro indicatore dell’impatto delle attività umane sull’ambiente. I ricercatori avvertono che, sebbene il primo giorno senza ghiaccio sembri uno scenario estremo, è un’esigenza di considerazione basata sui modelli. Diverse simulazioni indicano che, senza interventi drastiche, la completa assenza di ghiaccio potrebbe verificarsi in un lasso di tempo che varia da tre a sei anni. Tuttavia, un consistente taglio delle emissioni di gas serra potrebbe contribuire a ritardare questo scenario, salvaguardando il ghiaccio marino.

La situazione nell’Artico è sempre più allarmante, con ripercussioni significative anche a livello globale. La diminuzione del ghiaccio marino non solo altera la fauna selvatica locale, ma incide anche sui modelli climatici e sulle correnti oceaniche. Il futuro dell’Artico e delle sue ricchezze naturali dipende ora da azioni collettive per ridurre le emissioni e arrestare questo processo di cambiamento climatico. La ricerca continua a sottolineare l’urgenza di affrontare il problema, suggerendo che il momento per agire è ora, per proteggere un ecosistema cruciale che sta cambiando rapidamente.

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