Negli Stati Uniti, i nuovi posti di lavoro sono aumentati, superando le stime precedenti dell’agenzia ADP che anticipava la creazione di 99.000 posti ad agosto. Il dato ufficiale rivisto è di 142.000 posti aggiunti (rispetto ai 89.000 originariamente riportati), ma rimane al di sotto delle aspettative di 164.000. Il tasso di disoccupazione è sceso dal 4,3% al 4,2%. Anche i salari medi hanno mostrato un incremento, con un aumento annuo del 3,8%, superiore al 3,6% precedente e al 3,7% previsto.
La reazione dei mercati dopo la diffusione di questi dati è stata altalenante. Inizialmente, vi è stata stabilità e persino un incremento dell’indice Dow Jones, ma successivamente si è assistito a vendite marked. Il Nasdaq ha subito il calo peggiore, scendendo del 2,24% nella giornata e del 5,4% nell’intera settimana. Tra le perdite, spiccano Broadcom con un -9%, Tesla con -5,7% e Nvidia con -4,8%. I mercati finanziari hanno aumentato la probabilità di un possibile taglio dei tassi di interesse di 50 punti base da parte della Fed a settembre, che ora si attesta al 47%. Tuttavia, le paure di una recessione sembrano prevalere rispetto ai potenziali benefici di un intervento sui tassi.
Il prezzo del petrolio ha riflesso queste preoccupazioni, con il Brent che si attesta a 71,5 dollari al barile, in calo di 10 dollari rispetto al picco di lunedì 26 agosto, in concomitanza con gli attacchi tra Israele e Hezbollah. Le borse europee hanno reagito in modo negativo: il Ftse Mib di Milano ha perso l’1,17% oggi e il 3% per la settimana, raggiungendo i 33.291 punti. Anche Francoforte e Parigi registrano cali significativi, rispettivamente -1,48% e -1,07%. Al di fuori dell’Eurozona, Londra ha segnato un -0,73% e un -2,32% rispetto alla chiusura di venerdì scorso. Nel Ftse Mib, quasi tutti i settori hanno visto ribassi, con Prysmian in testa a -3,90%. Le uniche eccezioni nel segno positivo sono state le utility, con Hera (+1,37%) e A2a (+1,07%) in crescita.