Dopodomani, venerdì 20 dicembre, si attende la sentenza che determinerà se Matteo Salvini, ex Ministro dell’Interno, è colpevole di aver impedito lo sbarco di 147 migranti nel 2019, un’azione considerata dai suoi sostenitori parte delle politiche di controllo dei confini. Il vicesegretario della Lega, Andrea Crippa, ha dichiarato che una possibile condanna non sarebbe solo una sconfitta per il leader leghista, ma anche per il popolo italiano e il governo eletto dai cittadini. Crippa ha sottolineato che l’intero partito è unito dietro a Salvini e pronto a mobilitarsi in caso di condanna.
Attilio Fontana, presidente della Lombardia, ha descritto una condanna come “incredibile” e “aberrante”, esprimendo forti dubbi sulla legalità di una simile decisione. Sottolineando che tale esito violerebbe i principi fondamentali del diritto, ha espresso la sua convinzione che Salvini sarà assolto. Fontana ha anche riferito di aver provato sulla propria pelle la difficoltà di essere coinvolto in procedimenti penali, esprimendo vicinanza al leader leghista e auspicando un atto di giustizia.
Dopo la richiesta di condanna a sei anni nel processo Open Arms, Salvini ha pubblicato un video sui social, indicativo dell’importanza di questa vicenda per lui. Nel video, in un’atmosfera seriosa, il vicepremier espone le sue ragioni e invita i sostenitori a mobilitarsi, anche attraverso manifestazioni, per contestare quello che definisce un “processo politico”. Questa situazione ha generato un clima di tensione all’interno della Lega e tra i suoi rappresentanti, evidenziando l’importanza della sentenza in arrivo.
In sintesi, la questione non riguarda solo Salvini come individuo, ma si proietta su questioni più ampie riguardanti l’identità politica del partito, il suo supporto popolare e le politiche di immigrazione in Italia. Il fronte leghista sembra compatto, pronto a reagire in caso di esito sfavorevole al loro leader, mentre si prepara a mobilitarsi per sostenere Salvini in quello che percepiscono come un attacco alla democrazia e alle scelte politiche del governo precedente.