Il massacro di Sabra e Shatila, avvenuto tra il 16 e il 18 settembre 1982 in Libano, rappresenta uno dei capitoli più tragici e dimenticati del conflitto arabo-israeliano. Durante questi tre giorni, milizie cristiane, con la presunta complicità israeliana, sterminarono fra 762 e 3.500 palestinesi, tra uomini, donne e bambini, senza distinzione di età o sesso. La narrazione di Mimmo Candito, un importante giornalista italiano, è un documento straziante di questi avvenimenti.
Secondo le testimonianze, gli assalitori erano uomini del maggiore Saad Haddad e falangisti del partito Kataeb, che aveva circondato i campi profughi. Nonostante la presenza dell’esercito israeliano attorno ai campi, quest’ultimo negò ogni responsabilità, affermando di non essere a conoscenza della situazione. I campi erano stati il bastione della resistenza palestinese e la loro caduta, avvenuta a seguito dell’assassinio del presidente libanese Gemayel, aveva lasciato i civili vulnerabili.
Le cronache del massacro descrivono scene terribili: i miliziani entravano nelle case, costringevano le persone contro i muri e le uccidevano. Testimonianze rivelano atti di violenza e brutalità inenarrabili, inclusi stupri e torture. I soccorritori, tra cui medici e infermieri, testimoniarono di corpi torturati e di fossa comuni create con bulldozer per nascondere la portata della strage.
Molti sopravvissuti raccontarono di come i miliziani, in preda a un comportamento violento e irrazionale, operassero nel campo in un’atmosfera di totale impunità. Le loro parole descrivono la paura e il terrore che serpeggiavano tra i civili, costretti a vivere un incubo horror. Testimonianze diverse confermarono la presenza di uniformi israeliane tra i miliziani, insinuando un coinvolgimento diretto.
Il bilancio dei cadaveri e la mancanza di aiuto per i sopravvissuti rivelano una verità agghiacciante. Ne nasce un quadro di desolazione e paura, in cui gli uomini rivisitano traumi imprigionati nella memoria collettiva. La visita dell’esercito libanese, dopo il massacro, provocò nuovo panico tra la popolazione. La guerra in Libano, e in particolare questo massacro, continuano a rappresentare una ferita aperta, una memoria dolorosa che ci ricorda orrori ancora presenti nella storia del conflitto mediorientale.