Gli scandali di corruzione che coinvolgono i politici sembrano avere un effetto contenuto sugli elettori, come dimostrato da anni di ricerche condotte a New York. Secondo gli studiosi, gli elettori tendono a tollerare la corruzione perché la sua complessità la rende difficile da comprendere. Inoltre, potrebbe esistere una preferenza per candidati con un passato “contaminato” che si allineano ideologicamente con gli elettori piuttosto che per candidati considerati “puliti” ma non affini. Questo è il tema centrale dell’articolo di Ginia Bellafonte sul New York Times, ispirato all’incriminazione del sindaco di New York, Eric Adams, che porta il titolo critico: “Il sindaco di New York è circondato dallo scandalo. Gli elettori si preoccuperanno davvero?”.
La corruzione, infatti, è parte integrante della politica municipale americana. Già nel 1904, il giornalista Lincoln Steffens pubblicò “The Shame of the Cities”, una raccolta di saggi sulla corruzione degli amministratori pubblici. Steffens racconta della figura di Doc Ames, sindaco di Minneapolis, che riempì la polizia di criminali e gestì la città come un racket. Nonostante la sua notorietà per pratiche corruttive, Ames fu rieletto più volte, illustrando l’indifferenza dei cittadini rispetto al comportamento degli amministratori.
Un altro esempio emblematico è quello dell’ex sindaco di Providence, Buddy Cianci, che, pur essendo corrotto, venne rieletto più volte. Cianci, un ex procuratore divenuto sindaco contro ogni previsione, fu costretto a dimettersi nel 1984 dopo un crimine violento, ma sei anni dopo fu di nuovo eletto. La maggioranza della popolazione di Providence credeva nella sua colpevolezza, ma due terzi lo consideravano un “leader forte” e il suo indice di gradimento aumentò dopo l’incriminazione.
Questi esempi rivelano un paradosso nella politica americana: gli elettori possono ignorare la corruzione se percepiscono il politico come capace e in grado di rappresentare i loro interessi. Nonostante scandali e comportamenti discutibili, la ricerca suggerisce che le affinità politiche e la percezione di leadership pesano più delle questioni etiche, riflettendo una certa disillusione nei confronti della politica e dei politici in generale.