“Non sono un terrorista, sono stupito dalle accuse che mi muovono”, ha dichiarato Mohammad Abedini Najafabadi, ingegnere dei droni arrestato a Malpensa il 16 dicembre su richiesta degli Stati Uniti. Queste parole sono state commentate dal suo avvocato, Alfredo De Francesco, che l’ha visitato nel carcere di Opera insieme al console iraniano. De Francesco ha condiviso che c’è attenzione nei confronti di Abedini in carcere e ha descritto l’incontro come positivo, aggiungendo di aver presentato un’istanza per ottenere i domiciliari. Il consolato iraniano ha “garantito” che Abedini non fuggirebbe se dovesse essere scarcerato.
La Corte d’Appello di Milano ha ricevuto la richiesta di arresti domiciliari dell’avvocato, ora in fase di esame da parte della Procura Generale. La decisione della procuratrice generale Francesca Nanni non è attesa immediatamente, ma nei prossimi giorni. Abedini è attualmente detenuto a Opera e aspetta di sapere se l’estradizione richiesta dagli Stati Uniti avrà seguito. Gli Stati Uniti accusano Abedini di “cospirazione per esportare componenti elettronici dagli Usa all’Iran in violazione delle leggi sul controllo delle esportazioni”, nonché di aver fornito supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, considerato un’organizzazione terroristica responsabile della morte di tre militari statunitensi.
Nell’istanza per i domiciliari, il legale di Abedini sottolinea l’assenza di pericoli di fuga se il suo assistito venisse affidato a un appartamento milanese da lui designato. La data dell’udienza non è ancora stata fissata, ma il legale ha dichiarato la propria disponibilità a rinunciare ai termini, accettando un’eventuale dilazione dei tempi di discussione. Tuttavia, anche la Procura Generale deve manifestare la stessa disponibilità.
La sensazione attuale è che la Procura non abbia fretta di concludere la discussione sul caso. La posizione della Procura è cruciale poiché dovrà esprimere un parere sui domiciliari, anche se non vincolante. Un elemento di interesse emerso dall’istanza è la garanzia fornita dalla rappresentanza diplomatica iraniana, un aspetto che, nella strategia difensiva, potrebbe rassicurare i giudici, specialmente in seguito al caso di Artem Uss, un russo evaso dai domiciliari.