Attualmente non esiste una cura per la malattia di Alzheimer, ma la ricerca si sta concentrando sulla diagnosi precoce, fondamentale per gestire e rallentare il suo progresso. Recentemente, un team dell’Università di Melbourne ha scoperto un possibile biomarcatore nel sangue legato ai livelli di potassio, con potenzialità per identificare l’Alzheimer in fase iniziale. Questo approccio innovativo, che utilizza tecniche di geochimica analitica, potrebbe rendere la diagnosi meno invasiva e più accessibile.
La malattia di Alzheimer è una condizione neurodegenerativa progressiva che colpisce milioni di persone nel mondo e, sebbene non esista una cura definitiva, la diagnosi precoce è cruciale per migliorare la qualità della vita dei pazienti. Brandon Mahan, docente presso l’Università di Melbourne, sottolinea come l’individuazione anticipata della malattia permetta una migliore gestione dei sintomi e possa ritardare il declino cognitivo. Oggi, la diagnosi avviene tramite test cognitivi, neuroimmagini e analisi di biomarcatori nel liquido cerebrospinale, metodi che possono essere invasivi e non sempre sensibili per la fase iniziale della malattia.
Lo studio di Mahan si concentra sull’analisi dei livelli di potassio nel sangue, utilizzando la spettrometria di massa a plasma accoppiato induttivamente (ICP-MS). Questa tecnologia permette di analizzare la composizione chimica del sangue e di identificare piccole variazioni nei livelli di isotopi di potassio. I ricercatori hanno riscontrato che le persone affette da Alzheimer presentano isotopi di potassio più leggeri nel flusso sanguigno, suggerendo che questo squilibrio potrebbe essere un segnale precoce della malattia.
Sebbene la ricerca sia nelle fasi iniziali, i risultati sono promettenti e potrebbero rivoluzionare la diagnosi dell’Alzheimer, non solo per l’identificazione tempestiva, ma anche per monitorare l’efficacia delle terapie. Verna Porter, neurologa specializzata in malattie neurodegenerative, ha definito la scoperta entusiasmante, rimarcando l’importanza della diagnosi precoce per migliorare la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie.
Il team prevede di ampliare lo studio includendo un numero maggiore di partecipanti e analizzando ulteriori elementi chimici che potrebbero influenzare la progressione dell’Alzheimer, con l’obiettivo finale di sviluppare un pannello di biomarcatori per una diagnosi precoce e mirata.