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giovedì, 21 Novembre, 2024
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Lui distratto, lei pensierosa: il funzionamento del cervello infantile

Uno studio condotto da Lisa Toffoli e Giovanni Mento dell’Università di Padova, in collaborazione con Gian Marco Duma dell’Irccs ‘E. Medea’ e Duncan Astle dell’Università di Cambridge, ha esaminato le differenze di attività cerebrale tra maschi e femmine in età prescolare (4-6 anni). Pubblicata su ‘Human Brain Mapping’, la ricerca ha rilevato che l’attività cerebrale a riposo dei bambini varia in base al sesso biologico e al funzionamento cognitivo quotidiano. I ricercatori hanno dimostrato l’esistenza di una correlazione tra il funzionamento neurale in stato di riposo e le capacità cognitive, suggerendo che le comunicazioni cerebrali non cambiano nella fascia d’età considerata, ma presentano differenze significative tra maschi e femmine.

In particolare, i bambini mostrano un’attività cerebrale più variabile e meno prevedibile, con un’evidente attivazione del Default-Mode Network, che è associato a una mente distratta. Al contrario, le bambine attivano più frequentemente le aree prefrontali, collegate alla capacità di concentrazione e all’attivazione cognitiva. I questionari compilati dai genitori indicano che i bambini che attivano maggiormente le aree prefrontali tendono a mostrare una migliore regolazione comportamentale ed emotiva, mentre quelli che attivano di più il Default-Mode Network riscontrano maggiori difficoltà.

Lo studio aveva due obiettivi principali: investigare se e come l’attività cerebrale a riposo differisca in base al sesso e all’età, e valutare se tali attività possano predire problemi comportamentali, emotivi o legati alle funzioni esecutive. È stata utilizzata una tecnica innovativa di machine learning, i Modelli di Markov Nascosti (Hmm), abbinate a dati di elettroencefalografia ad alta risoluzione spaziale. Questo approccio ha permesso di identificare le comunicazioni tra diverse aree del cervello e come queste possano cambiare rapidamente.

I risultati dello studio potrebbero avere importanti implicazioni cliniche per i disturbi del neurosviluppo, come l’autismo e l’ADHD, individuando potenziali obiettivi neurali per i processi riabilitativi. La ricerca suggerisce che approcci terapeutici personalizzati, in particolare nella fase prescolare, possano facilitare lo sviluppo cognitivo e migliorare i risultati per i bambini con difficoltà.

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