Culturalmente ancorato a destra, Marcello Veneziani offre una prospettiva unica sul panorama attuale attraverso un’intervista con Nanni Delbecchi su Il Fatto Quotidiano, in occasione della pubblicazione del suo saggio “Senza eredi” per Marsilio. Quest’opera contiene 70 ritratti di scrittori e pensatori che, in un certo senso, sono rimasti “senza figli”, riflettendo su un Novecento culturale – letterario, storico e filosofico – che sembra avviarsi all’estinzione nella coscienza collettiva di una società sempre più smarrita, paragonata a una malata di Alzheimer.
Veneziani esprime un forte disincanto riguardo alla situazione politica attuale. Sottolinea che, sebbene in genere non fosse incline a votare, ha sostenuto Giorgia Meloni, consapevole però dell’apparente inutilità di tale scelta. Sostiene che il destino della politica è sempre più subordinato a direttive finanziarie e tecnocratiche, decise da poteri esterni. Secondo lui, la sopravvivenza politica della Meloni dipenderebbe dalla sua capacità di seguire la linea già stabilita da Mario Draghi e dai poteri sovranazionali. Se non lo farà, potrebbe incontrare rapidi ostacoli nel suo cammino.
In questo contesto, Veneziani rivela un pessimismo riguardo alla possibilità di un rinnovamento o di una continuità culturale in un’epoca in cui il passato è sottovalutato. La sua analisi si concentra sull’assenza di un’eredità culturale e su come questa mancanza influisca sull’identità collettiva. L’autore sembra rattristato dalla perdita di riferimenti e dalla discontinuità storica che caratterizzano l’epoca contemporanea.
Veneziani, nonostante le sue scelte politiche, si definisce un intellettuale in grado di mantenere una certa distanza critica dal suo campo politico di riferimento, mostrando una notevole autonomia di pensiero. La sua opera “Senza eredi” si configura dunque non solo come una riflessione sulla cultura e la letteratura, ma anche come un vero e proprio grido d’allerta sulla crisi d’identità e sull’assenza di prospettive future. La sua denuncia si fa così portavoce di un malessere culturale, avvertendo il lettore sull’importanza di confrontarsi con le proprie radici per evitare di perdersi nel presente.