Gesù, attraverso il Vangelo di Marco, smantella i bigottismi e le convenzioni religiose del suo tempo, portando un messaggio profondo e sempre attuale sulla purezza e l’impurità. La celebrazione della tradizione e dei rituali, come il lavaggio delle mani prima dei pasti, viene messa in discussione quando i farisei e gli scribi rabbini osservano che i discepoli di Gesù mangiano senza le dovute precauzioni.
La risposta di Gesù evidenzia che l’impurità non è determinata da ciò che entra nel corpo, come il cibo, ma piuttosto da ciò che esce dal cuore dell’individuo. Egli cita Isaia, definendo gli ipocriti coloro che onorano Dio solo con le parole, mentre i loro cuori sono lontani da lui. Questa critica si rivolge non solo ai farisei, ma invita tutti a riflettere su cosa significhi davvero seguire Dio.
Nel suo insegnamento, Gesù afferma che è dal cuore che si originano i veri peccati: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia e stoltezza. Questi sono i fattori che rendono impuro l’essere umano, non le azioni esteriori legate a norme rituali.
Questa visione riforma l’idea di cosa significhi essere pure nel contesto della fede e della spiritualità, invitando ogni individuo a guardare dentro di sé per esaminare i propri pensieri e motivazioni piuttosto che seguire rigidamente le tradizioni esterne. La chiave del messaggio di Gesù risiede nella necessità di una vera conversione interiore, piuttosto che in una mera adesione a pratiche esterne.
In conclusione, il passaggio di Marco (7,1-8.14-15.21-23) ci chiama a riflettere sull’autenticità del nostro rapporto con Dio e con gli altri, a valutare profondamente cosa alimentiamo nel nostro cuore e a liberare noi stessi dall’idea che le regole esterne possano definirci come buoni o cattivi. Solo attraverso il riconoscimento e la trasformazione delle intenioni interne, possiamo veramente aspirare a vivere una vita che onora il nostro Creatore.