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Parthenope: Vita Reale oltre il Mito

Uno “slalom tra le stelle”, compiuto da Parthenope, è la metafora che caratterizza l’ultimo film di Paolo Sorrentino. La pellicola offre una narrazione che esplora Napoli, mostrandone sia la bellezza che il dramma. Sorrentino presenta una città ricca di storie, dai palazzi storici alle chiese, dai vicoli ai bassi, passando per le ‘Vele’ e il fenomeno della camorra. All’anteprima a Palermo, il regista ha illustrato il legame tra Napoli e Palermo, riconoscendo la similarità tra le due città marittime del Sud Italia, una consapevolezza che gli consente di sentirsi a casa.

La protagonista, attraverso l’interpretazione della realtà, incarna l’atto di “vedere” che Sorrentino associa al cinema e all’antropologia. Egli spiega che, come scrittore e regista, è continuamente tormentato dal proprio passato, un’idea espressa anche da Edna O’Brien. I miti, come quello di Parthenope, non lo affascinano, poiché li considera astratti e noiosi: Sorrentino cerca piuttosto la concretezza e la verità della vita quotidiana, spesso oscena e carnale.

Tra i personaggi, emerge anche John Cheever, la cui presenza nel film serve a contrastare con la protagonista e riflette su temi di libertà e prigionia. Parthenope intraprende un viaggio di scoperta, vivendo intensamente la gioventù e confrontandosi con l’arroganza dei ricchi, mentre sperimenta l’estasi e il desiderio. La scena più bella, secondo Sorrentino, è quella in cui un camorrista e la protagonista camminano per i vicoli di Napoli.

Sorrentino rivela che inizialmente il film avrebbe dovuto intitolarsi “L’apparato umano”, ma ha scelto di non autocitarsi. Completare l’opera si è rivelato un processo lungo, durato 4-5 anni, durante i quali ha scritto e abbandonato numerosi abbozzi. Nonostante le difficoltà, ha preferito realizzare un film unico piuttosto che tre film distinti, per l’incertezza di portare a termine i progetti.

Per il futuro, Sorrentino non ha progetti precisi ma esprime soddisfazione per le musiche, segnalando l’importanza di una canzone di Riccardo Cocciante nel suo lavoro. Il film riflette infine su comuni esperienze di vita, sia individuali che collettive, incarnando il sublime e l’abisso della realtà umana.

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