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giovedì, 21 Novembre, 2024
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Pensioni posticipate nel 2025: promozione degli incentivi per la permanenza lavorativa

Nel 2025, il Governo italiano introdurrà nuove regole più rigide per l’uscita dal lavoro, puntando a incentivare il prolungamento dell’attività lavorativa e a ridurre l’accesso alla pensione anticipata. Sebbene non si preveda la cancellazione completa delle attuali misure di uscita anticipata, come l’Ape sociale, l’Opzione donna e la Quota 103, si discute comunque di un inasprimento delle normative vigenti. Una delle principali novità dovrebbe essere la conferma dell’Ape sociale, volta a sostenere i lavoratori vulnerabili.

L’Ape sociale, introdotta oltre sette anni fa, consente a determinate categorie di lavoratori—quali caregiver, disoccupati, invalidi civili e coloro con mansioni gravose—di accedere alla pensione anticipata, a condizione di avere versato almeno trent’anni di contributi (o trentasei per i lavoratori gravosi). Per le donne con figli, i requisiti contributivi possono essere ridotti di dodici mesi per ogni figlio, fino a un massimo di due anni. Chi soddisfa i requisiti può presentare domanda per ritirarsi dal lavoro a sessantatré anni e cinque mesi, con un incremento di cinque mesi rispetto al 2023. Attualmente, non appare probabile un intervento per abbassare i requisiti anagrafici.

Il Governo, inoltre, sta valutando nuovi incentivi fiscali per incoraggiare chi ha diritto alla pensione anticipata a continuare a lavorare. Una delle proposte è il rilancio del Bonus Maroni, che consente ai lavoratori di ricevere la propria quota di contributi (9,19% dello stipendio) anche lavorando dopo aver raggiunto i requisiti pensionistici. Tuttavia, il Bonus Maroni ha avuto scarsi risultati nel 2024, con poche centinaia di richieste. Per questo motivo, si pensa a migliorare la sua attrattiva, ad esempio, attraverso esenzioni fiscali sui contributi o la riduzione della tassazione.

In aggiunta, il Governo vorrebbe estendere il periodo di silenzio assenso per il conferimento del TFR alla previdenza integrativa per almeno sei mesi, rendendo l’adesione obbligatoria solo in caso di esplicita comunicazione da parte dei lavoratori. Questa misura non varrebbe solo per i nuovi assunti, ma anche per coloro già in forza che non hanno conferito il TFR ai fondi previdenziali.

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