Quattro medici rischiano di finire sotto processo per la morte del giornalista Andrea Purgatori, avvenuta a Roma nel luglio 2023. I coinvolti sono il radiologo Gianfranco Gualdi, il suo assistente Claudio Di Biasi, la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo e il cardiologo Guido Laudani. La Procura della Capitale ha chiuso le indagini, accusandoli di omicidio colposo per “imperizia, negligenza e imprudenza” nelle cure relative a un’endocardite infettiva che ha causato la morte del giornalista.
I magistrati hanno evidenziato che i neuroradiologi non hanno refertato correttamente l’esame di risonanza magnetica dell’8 maggio 2023. L’atto di conclusioni delle indagini, infatti, sottolinea che il referto è stato redatto con “grave imperizia, negligenza e imprudenza”, imputando una diagnosi errata di metastasizzazione cerebrale, mai verificata, e tralasciando la possibilità che le anomalie descritte potessero essere associate a lesioni ischemiche. Gualdi, nella comunicazione con il paziente e i suoi familiari, ha insistito sulla necessità di avviare cure radioterapiche per affrontare una presunta emergenza metastatica, causando così un trattamento non necessario e debilitante per Purgatori. Questo ha interferito gravemente con l’approccio diagnostico e terapeutico del resto del personale sanitario, impedendo il rilevamento delle lesioni ischemiche che avrebbero dovuto essere indagate senza indugi.
Le conclusioni arrivano dopo una perizia medico-legale che ha definito la situazione come una “catastrofica sequela di errori ed omissioni”. I periti hanno dichiarato che un trattamento diagnostico e terapeutico adeguato avrebbe potuto consentire a Purgatori una sopravvivenza superiore a quanto si è verificato, indicando che il tasso di sopravvivenza a un anno per pazienti con endocardite tempestivamente trattata è dell’80%. La perizia ha altresì evidenziato che l’endocardite poteva essere diagnosticata in anticipo, quantomeno all’inizio del ricovero tra il 10 e il 23 giugno 2023, o ancor prima se i neuroradiologi avessero valutato correttamente l’esame dell’8 maggio. Le accuse rappresentano un grave intervento in un caso che ha suscitato interesse pubblico e professionale, ponendo interrogativi sulle pratiche diagnostiche e terapeutiche adottate.