Paolo Cognetti, scrittore milanese vincitore del Premio Strega nel 2017 con “Le otto montagne”, ha recentemente parlato della sua battaglia contro la depressione e la sindrome bipolare, che lo hanno costretto a un ricovero. In un’intervista a La Repubblica, ha raccontato la drammatica esperienza del ricovero all’ospedale Fatebenefratelli di Milano, dove ha ricevuto un trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Cognetti ha descritto l’insorgere della depressione come improvviso e devastante, avvenuto senza un motivo apparente durante la primavera e l’estate, nonostante il suo successo professionale. Questo periodo buio ha portato solitudine e disorientamento. Dopo aver soggiornato nel suo rifugio sul Monte Rosa e aver vissuto una fase creativa, si è trovato nuovamente in una situazione di crisi, con un’accelerazione del pensiero e comportamenti notati dai suoi amici, che hanno deciso di intervenire.
Il 4 dicembre, un medico ha disposto un TSO per Cognetti, ponendo fine a un periodo di instabilità . La diagnosi di sindrome bipolare con fasi maniacali ha comportato sedazione e una fase di recupero in cui è stato incapace di rimanere sveglio a causa dei farmaci. La sua esperienza di ricovero è stata difficile, ma ha rappresentato un’opportunità per affrontare la malattia senza vergogna. Cognetti ha spiegato che le fasi maniacali possono portare a comportamenti incontrollabili, dove si perde la dignità e si agisce impulsivamente, come l’invio di foto intime agli amici e la distribuzione di denaro, causando preoccupazione tra i suoi cari.
Dopo il ricovero, Cognetti ha avviato una lunga risalita, ammettendo che richiederà tempo. Nonostante le sfide, il suo approccio alla guarigione è quello di accettarsi e affrontare le proprie fragilità . Ha riflettuto sull’importanza di seguire le indicazioni mediche in ospedale e sul desiderio di trovare la guarigione in modi alternativi, come tornare in montagna. Durante l’intervista, ha toccato il tema della libertà di espressione in Italia, criticando la querela del ministro Giuseppe Valditara contro Nicola Lagioia, definendola un atto di intimidazione e avvertendo dei pericoli per la cultura e la democrazia.