Nella Manovra di Bilancio 2025, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha annunciato che anche i manager pubblici dovranno affrontare sacrifici. In particolare, verrà introdotto un nuovo tetto alla retribuzione “onnicomprensivo” fissato a 160 mila euro lordi annui. Inoltre, le società dovranno ridurre le spese di rappresentanza e pubblicità. Questa iniziativa rappresenta una novità poiché la restrizione della spesa riguarderà anche le società, enti, fondazioni e associazioni che ricevono contributi dallo Stato.
Il taglio per i dirigenti di queste entità sarà significativo, poiché la retribuzione massima passerà dagli attuali poco più di 240 mila euro a 160 mila euro. Saranno molto pochi a sfuggire a questo limite: tra questi, le società quotate, ovvero quelle che emettono strumenti finanziari quotati, come Fs, Anas e Cdp, oltre alla Stretto di Messina Spa, che ha una deroga specifica introdotta nel 2023.
Il tetto dei 160 mila euro è equivalente all’indennità attuale del presidente del Consiglio, che percepisce circa 80 mila euro netti all’anno, ovvero 6.700 euro al mese. Attualmente, il tetto per i manager pubblici di 240 mila euro è paragonabile all’indennità del presidente della Repubblica. Giorgetti ha sottolineato che le aziende che desiderano continuare a ricevere fondi dallo Stato dovranno seguire regole basilari di buona gestione finanziaria e un corretto utilizzo del denaro pubblico.
Questo cambiamento riflette l’intenzione del governo di garantire maggiore responsabilità finanziaria e una gestione più trasparente delle risorse pubbliche. La decisione di fissare un tetto salariale ha l’obiettivo di contenere i costi e promuovere un utilizzo più oculato delle risorse statali, in un contesto in cui è fondamentale garantire che i fondi pubblici siano destinati a iniziative utili e produttive per la collettività. In sintesi, la nuova normativa si propone di riformare la gestione delle retribuzioni nel settore pubblico, assicurando maggiore equità e sostenibilità economica.