Vittorio Sgarbi è sotto indagine per riciclaggio, autoriciclaggio e contraffazione di opere d’arte e rischia di andare a processo, secondo quanto emerso al termine dell’inchiesta della procura di Macerata riguardante un dipinto del Seicento di Rutilio Manetti. Le accuse potrebbero comportare una pena da 4 a 12 anni di carcere. Il quadro in questione, noto come “La cattura di San Pietro”, è stato rubato nel 2013 dal castello di Buriasco, in provincia di Torino, e riapparso nel 2021 in una mostra a Lucca, presentato come opera inedita di proprietà dell’ex sottosegretario alla Cultura. Tuttavia, rispetto all’opera rubata, il quadro mostrava una fiaccola aggiunta.
La vicenda è stata oggetto di approfondimenti da parte della trasmissione “Report” e de “Il Fatto”, che hanno dato il via all’inchiesta che è poi stata trasferita a Macerata. Sgarbi è stato iscritto nel registro degli indagati, ma ha sempre sostenuto che si tratta di due dipinti differenti, affermando che quello in suo possesso era stato acquistato dalla madre nel 2000 e successivamente ritrovato nella sua villa nel Viterbese. Tuttavia, la perizia commissionata dai magistrati sembrerebbe contraddire questa versione, e nel fascicolo d’indagine è stata inclusa anche la testimonianza di Pasquale Frongia, un pittore copista e amico di Sgarbi, il quale ha dichiarato che la fiaccola fu aggiunta su sua richiesta.
In risposta alle accuse, Sgarbi ha dichiarato tramite una nota che i suoi avvocati, il Prof. Avv. Alfonso Furgiuele e l’Avv. Giampaolo Cicconi, sono impegnati a ricostruire i fatti citati nel caso, ritenendoli infondati. Sgarbi ha insistito sulla trasparenza e correttezza delle sue condotte e ha espresso fiducia nell’operato dei giudici che dovranno esaminare le risultanze delle indagini. Ha, inoltre, respinto le ricostruzioni parziali e fuorvianti della stampa, accusando alcuni media di non cercare la verità ma di sostenere le accuse contro di lui.