Un recente studio potrebbe aprire nuove strade nella lotta all’Alzheimer, suggerendo che un farmaco antitumorale già in uso per altre patologie potrebbe essere efficace nel trattamento dell’Alzheimer precoce. Questo studio, condotto su un modello murino, ha mostrato risultati promettenti nel ripristino delle funzioni cognitive.
L’Alzheimer è caratterizzato da un progressivo declino delle funzioni cognitive, in particolare della memoria e dell’apprendimento, causato dalla degenerazione dei neuroni nel cervello. La malattia è strettamente associata all’accumulo di proteine tossiche, come la beta amiloide e la tau, che interferiscono con il funzionamento normale delle cellule cerebrali.
Il nuovo studio si è concentrato su un enzima specifico, l’indolammina-2,3-diossigenasi 1 (IDO1), che regola il metabolismo del glucosio nel cervello. I ricercatori hanno scoperto che l’inibizione di questo enzima potrebbe contrastare i deficit metabolici associati all’Alzheimer, aprendo la strada a potenziali nuove terapie.
Il team ha utilizzato un farmaco immunoterapico antitumorale, noto come PF068, per bloccare l’attività dell’IDO1 in un modello murino di Alzheimer. I risultati sono stati sorprendenti: il trattamento non solo ha migliorato la funzione cognitiva nei topi, ma ha anche ripristinato la normale attività metabolica nell’ippocampo, una regione del cervello cruciale per la memoria.
Il farmaco PF068, sviluppato originariamente per trattare vari tipi di cancro, è stato testato in questo contesto con risultati incoraggianti. Quando somministrato ai topi affetti da Alzheimer, il farmaco ha portato a un significativo miglioramento della memoria, misurato attraverso test comportamentali.
Il meccanismo attraverso il quale PF068 esercita i suoi effetti benefici sembra essere legato alla sua capacità di interrompere il percorso metabolico mediato dall’IDO1, riducendo così i livelli di chinurenina e ripristinando la normale glicolisi negli astrociti.
La possibilità di riutilizzare farmaci esistenti, come PF068, per il trattamento dell’Alzheimer potrebbe accelerare il processo di sviluppo di nuove terapie, riducendo i tempi e i costi associati alla ricerca di nuovi farmaci.
Il metabolismo del glucosio è da tempo considerato un obiettivo terapeutico promettente per varie malattie neurodegenerative. Alterazioni in questo processo sono state osservate non solo nell’Alzheimer, ma anche in altre patologie come il Parkinson, la sclerosi multipla e l’Huntington.
Nonostante i risultati promettenti, è importante sottolineare che la strada verso una cura per l’Alzheimer è ancora lunga e complessa. Gli studi condotti finora sono stati realizzati su modelli murini, e sarà necessario verificare l’efficacia di questi trattamenti negli esseri umani attraverso sperimentazioni cliniche rigorose. Tuttavia, le scoperte fatte in questo studio rappresentano un passo avanti significativo nella comprensione dei meccanismi alla base dell’Alzheimer e aprono nuove possibilità per lo sviluppo di terapie efficaci.