Gli episodi di violenza nei Pronto Soccorso continuano a generare indignazione e conseguenze legali significative. Un esempio è quello di un uomo di 46 anni, condannato a 1 anno e 1 mese di reclusione, a cui è stato imposto anche il pagamento di 18.000 euro come risarcimento danni e 11.000 euro per spese legali. L’incidente risale al 15 settembre 2017, quando l’uomo aggredì un medico del Pronto Soccorso dell’istituto clinico Città Studi di Milano. La condanna comprende non solo le lesioni volontarie, ma anche il reato di interruzione di pubblico servizio, poiché l’aggressione ha paralizzato l’attività di emergenza per circa mezz’ora, costringendo il medico a farsi sostituire.
L’aggressore, tornato rapidamente dalla Svizzera dopo aver appreso del ricovero della madre per una grave crisi respiratoria, si è scagliato verbalmente contro il medico, accusandolo di non fornire spiegazioni appropriate. Da un attacco verbale è passato a uno fisico, rovesciando una scrivania e colpendo il sanitario al volto, causando un trauma cranico e una prognosi di dieci giorni. Nonostante ciò, non si è fermato; al momento dell’arrivo del superiore del medico, ha quasi aggredito anche lui, dicendo: “sei come un moscerino sul parabrezza della mia Porsche”.
Durante il processo, l’imputato ha cercato di minimizzare l’accaduto, invocando l’attenuante della provocazione. Tuttavia, i giudici in tre gradi di giudizio, inclusa la Cassazione, hanno respinto ogni tentativo di giustificazione. Si è enfatizzato l’inaccettabilità di qualsiasi forma di violenza nei confronti del personale sanitario, in particolare in un contesto di emergenza. È stato richiamato il rispetto dovuto a chi lavora quotidianamente in situazioni di estrema urgenza, evidenziando quanto sia cruciale garantire la sicurezza del personale medico. La condanna rappresenta quindi non solo una risposta a un atto di violenza individuale, ma anche un messaggio forte e chiaro contro l’aggressione del personale sanitario.