Caotici e voraci, due buchi neri supermassivi sono stati scoperti tramite l’Osservatorio Neil Gehrels Swift della NASA, con un’importante partecipazione italiana. La scoperta, pubblicata su ‘Astronomy and Astrophysics’, coinvolge un evento transiente di distruzione mareale, dove una coppia di buchi neri interagisce con una nube di gas nel centro di una galassia distante. Questo fenomeno, denominato AT 2021hdr, si ripete ogni pochi mesi, consentendo agli astronomi di studiare il comportamento di questi oggetti cosmici insoliti.
Il gruppo di ricerca, guidato da Lorena Hernández-García, ha esaminato un evento raro in cui i buchi neri consumano gas mentre orbitano l’uno attorno all’altro. Le osservazioni iniziali sono state effettuate dallo Zwicky Transient Facility (ZTF) nel 2021, dopodiché i ricercatori hanno proposto che la nube di gas, piuttosto che una stella, fosse la causa del fenomeno. Analizzando i dati, si è osservato che l’interazione gravitazionale dei buchi neri ha spezzato la nube, creando filamenti di gas attorno a loro. Questo gas, riscaldato dall’attrito, ha prodotto esplosioni osservabili ogni 60-90 giorni.
La fonte è stata monitorata con il satellite Swift a partire da novembre 2022. L’analisi ha rivelato che la coppia di buchi neri emette oscillazioni nella luce ultravioletta e nei raggi X, oltre a quelle osservate nella luce visibile, un evento di distruzione mareale mai registrato prima. Gabriele Bruni dell’INAF di Roma ha affermato che le oscillazioni misurate in diverse bande hanno una durata unica in questo tipo di eventi.
I buchi neri si trovano nel centro della galassia 2MASX J21240027+3409114, a circa 1 miliardo di anni luce nella costellazione del Cigno. Sono separati da circa 26 miliardi di chilometri e insieme pesano 40 milioni di volte la massa del Sole. Si stima che completino un’orbita ogni 130 giorni e si fonderanno tra circa 70.000 anni.
Secondo Bruni, pochi fenomeni simili sono stati osservati. Le coppie di buchi neri supermassivi rappresentano un fenomeno raro, con la possibilità di osservare molti più eventi grazie alle future generazioni di antenne gravitazionali e al Vera Rubin Telescope, che esaminerà in dettaglio l’universo.