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Yahya Sinwar: Architetto del Massacro del 7 Ottobre

Yahya Sinwar, ucciso oggi dall’esercito israeliano, era una figura controversa e carismatica, noto soprattutto per il suo ruolo nel massacro del 7 ottobre, che portò alla morte di oltre 1.200 israeliani. Sinwar è descritto come crudele e manipolatore, un uomo che ha trascorso 22 anni in un carcere israeliano per l’omicidio di soldati israeliani e palestinesi accusati di collaborare con Israele. Durante il suo periodo in prigione, studiò a fondo il nemico, imparando l’ebraico e leggendo opere sui leader israeliani.

Nel 2006, fu liberato come parte di uno scambio di prigionieri per il soldato israeliano Gilad Shalit, catturato da Hamas. Dopo la sua liberazione, dichiarò consapevolmente che Israele possedeva 200 testate nucleari, mostrando una facciata di debolezza per ottenere un vantaggio strategico. Cresciuto a Khan Younis, Sinwar attirò l’attenzione come consigliere del fondatore di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin, e nel 2017 divenne leader di Hamas a Gaza, sostituendo Ismail Haniyeh.

La sua leadership fu caratterizzata da metodi violenti, sia contro gli oppositori sia contro sospetti collaboratori. Dopo l’attacco del 7 ottobre, il capo di Stato maggiore israeliano, Herzi Halevi, affermò che Sinwar aveva orchestrato l’operazione, mentre Benyamin Netanyahu lo paragonò a “un piccolo Hitler” e lo definì “un morto che cammina”.

Sinwar fu visto come un leader spietato, e nonostante la sua crudeltà, guadagnò il supporto della popolazione di Gaza. La sua ascesa al potere fu contrassegnata da una strategia che combinava violenza e astuzia, rendendolo una figura centrale nella lotta di Hamas contro Israele. Dopo un anno di vita clandestina nei tunnel di Gaza, Sinwar trovò la sua fine a Rafah, completando un destino segnato da un’ideologia di resistenza e scontro.

La decisione di lanciare l’attacco il 7 ottobre rimane avvolta nel mistero, considerando il contesto geopolitico emergente, compresa l’influenza di Vladimir Putin e il coinvolgimento dell’Iran. Sinwar ha lasciato un’eredità complessa, fusa tra il culto della personalità e una violenza sistematica che ha segnato la vita a Gaza e le relazioni con Israele.

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